Attacchi di panico

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Attacchi di panico. Curarsi con l’aiuto della psicologia.

“Un giorno la paura bussò alla porta,

il coraggio andò ad aprire

e non trovò nessuno…”

J.W. Goethe

 

“Andava tutto bene e poi all’improvviso una paura inspiegabile, viscerale, un terrore mi ha preso dentro ed ho pensato che sarei morta. Da allora la mia vita è cambiata, da allora un velo è caduto su me e su tutto quello che sono.”

Queste sono le parole che potrebbe dire una persona che arriva in terapia e che ci racconta il suo primo attacco di panico. Il panico può essere definito come la forma estrema della paura. Quello che succede dopo l’attacco poi, se possibile, è anche peggio: improvvisamente tutto quello che prima era la normalità adesso non esiste più, qualsiasi cosa la persona faccia, la fa col terrore che succeda di nuovo e la sensazione è quella di proteggersi per evitare che succeda.

Dopo il primo attacco uno teme solamente di riprovare, inesorabilmente, il secondo e poi il terzo, non si vede via d’uscita.

Molti studi cercano di spiegare tale fenomeno e come sempre i ricercatori si dividono tra le prospettive biologiche e quelle ambientalistiche, cioè tra coloro che credono in qualche caratteristica ereditaria e coloro che trovano la causa nel conteso socio – familiare dell’individuo. Ciò che è evidente è che nel disturbo da panico sono implicate dinamiche puramente fisiologiche e biologiche (aumento pressione, battito cardiaco, sudorazione…) e dinamiche psicologiche.

Secondo la terapia breve strategica, ritrovare una causa primaria non aiuta a trovare una soluzione perché questa deriva non dallo studio di cause pregresse, ma dall’osservazione del problema e del suo funzionamento (Nardone, 1993). Inoltre chi soffre d’attacchi di panico ha paura di ciò che può accadere nel futuro, non di ciò che è accaduto e queste fobie vanno ad influenzare le azioni, i pensieri, la vita della persona.

Vi è una costante attenzione a se stesso e ai sintomi che potrebbero essere precursori di quello e nell’intento di controllare le proprie reazioni, quindi, il soggetto ne altera la naturale espressione in quanto funzioni spontanee dell’organismo che, per il solo fatto di essere controllate, vengono alterate. È il tentativo di controllo che ci porta a perdere il controllo…

Una riprova a tutto questo è data dal fatto che, se durante l’attacco succede qualcosa di inaspettato che ci porta a spostare l’attenzione, il circolo vizioso che porta al panico, e che lo mantiene, viene interrotto.

Quali sono le reazioni che il soggetto tende a mettere in atto successivamente ad un attacco di panico?

Sulla base di centinaia di casi osservati si è visto che il fobico mette in atto due reazioni: evita le situazioni associate all’attacco di panico e chiede aiuto ad altre persone.

La prima cosa si riferisce al fatto che il soggetto evita di ritrovarsi in situazioni che potrebbero fargli salire la paura fino a portarlo al panico, quindi potrebbe evitare luoghi, persone, qualsiasi cosa che, in qualche modo, lo riporti a quello.  Se, come si può ben immaginare, tutto questo sul momento lo fa sentire più tranquillo, il fatto di aver evitato la situazione temuta gli conferma la sua pericolosità e il proprio senso di inadeguatezza che quindi lo porterà ad evitare altre situazioni che aumenteranno la sensazione di incapacità che andrà ad alimentare gli evitamenti, il tutto in un circolo vizioso.

L’altra reazione che il fobico potrebbe mettere in atto è la richiesta di aiuto. Anche questa rappresenta una trappola perché, è vero che il fatto di chiedere aiuto e di riceverlo ci fa pensare che chi ci aiuta ci vuole bene, ma al contempo ci passa un altro messaggio più subdolo: ti aiuto perché non sei abbastanza bravo a farlo da solo.

Queste reazioni, ripetute nel tempo, non solo non vanno a migliorare la situazione, ma la peggiorano ulteriormente.

È evidente quindi che l’attacco di panico coinvolge non solo meccanismi psicofisiologici, ma anche strategie di azione personali e di interazione sociale.

Curare il panico si può: l’approccio strategico si basa sull’utilizzo di stratagemmi terapeutici che, in un brevissimo tempo, conducono il paziente, a sua insaputa, a sperimentare concretamente il superamento dello stesso.

Voglio concludere riprendendo le parole di Sri Yukteswar: “Guarda la paura in faccia e questa cesserà di turbarti.”

 

Bibliografia

Nardone G., Paura, Panico, Fobie, Ponte alle Grazie, Milano, 1993.

Nardone G., Non c’è notte che non veda il giorno, Ponte alle Grazie, Milano, 2005.

 

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